Terra di fate
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Valli di nebbia, fiumi tenebrosi
e boschi che somigliano alle nuvole:
poi che tutto è coperto dalle lacrime
nessuno può distinguerne le forme.
Enormi lune sorgono e tramontano
ancora, ancora, ancora ...
in ogni istante
della notte inquiete, in un mutare
incessante di luogo.
E così
spengono la luce delle stelle
col sospiro del loro volto pallido.
Poi viene mezzanotte sul quadrante lunare
ed una più sottile delle altre
(di una specie che dopo lunghe prove
fu giudicata la migliore)
scende giù,
sempre giù, ancora giù,
fin quando
il suo centro si posa sulla cima
di una montagna, come una corona,
mentre l'immensa superficie,
simile a un arazzo,
s'adagia sui castelli
e sui borghi (dovunque essi si trovino)
e si distende su strane foreste,
sulle ali dei fantasmi, sopra il mare,
sulle cose che dormono e un immenso
labirinto di luce le ricopre.
Allora si fa profonda - profonda! -
la passione del sonno in ogni cosa.
Al mattino, nell'ora del risveglio,
il velo della luna si distende
lungo i cieli in tempesta e,
come tutte le cose,
rassomiglia ad un giallo albatro.
Ma quella luna non è più la stessa:
più non sembra una tenda stravagante.
A poco a poco i suoi esili atomi
si disciolgono in pioggia: le farfalle
che dalla terra salgono a cercare
ansiose il cielo e subito discendono
(creature insoddisfatte!) ce ne portano
solo una goccia sulle ali tremanti.
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di Edgar Allan Poe
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Oh campanelle su steli sottili, nessun orecchio umano sente il vostro richiamo,
mie campanelle che suonate piano! Quando umida e scura vien la sera, il momento
è arrivato del suono delicato per balli e feste del bosco incantato.
Tintinnano nel gioco delle fate, con musica leggera, la notte tutta intera,
finchè nasce la nebbia mattiniera, in fredde e grigie strisce, e la magica musica svanisce.
(Cicely Mary Barker)
Di Ugo Betti
Dopo il bagno la fatina
tutta stillante ridente nuda,
lascia la fonte chiacchierina
corre sotto la lattuga...
Ma la sua roba? L'hanno rubata!
Che farà la povera fata?
Col pelo di gemma in un minuto
si fà un mantello di biondo velluto;
prende l'argentea scorza di un faggio,
ed ecco le scarpette per fare un viaggio.
Il cappellino? Un riccio di castagno.
La veletta? La ruba al ragno.
Tre piume di passero per ventaglio,
una coccinella per fermaglio!
Poi, per boccole all'orecchio
messi due ceci di gaggia,
alla fontana, ch'è il suo specchio,
fa un inchino con civetteria...
Così quel giorno la fatina nuda
si rivestiva sotto la lattuga.
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